Benvenuti in Dodo's House, il blog che racconta la vita di Dodo, Dado, Lisa e dei loro amici, a quattro zampe e non.

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martedì 20 luglio 2010

Istruzioni su come (non) montare una mostra

E rieccomi! Come avevo promesso, oggi vi do quache aggiornamento circa la mostra in corso a Sezzadio.
Siamo andati a montare il 15, una torrida giornata di Luglio (come se le altre fossero differenti), con molte belle speranze di fare un lavoro veloce e pulito. Ma così non fu.
Nonostante avessi programmato tutto con molta calma, si sono verificati degli inconvenienti che ci hanno ritardato, ostacolato e costretti ad una rapida soluzione d'emergenza.
Ma partiamo dall'inizio.
Eravamo rimasti all'acquisto di dieci (10) pannelli di polistirolo, ai quali, mi fa piacere informarvi, sono seguiti: un (1) barattolo da un litro (1lt.) di vernice nera all'acqua, una (1) confezione di angolini per fotografie, venti (20) triangolini di plastica adesivi (leggi: "attaccaglie").
Invece non è stato necessario acquistare (perché già in casa, ma non meno necessari): un (1) barattolo di colla vinilica usato, un (1) sottovaso verde in plastica, un (1) cucchiaino di plastica e un (1) piccolo rullo per la vernice (più un numero imprecisato di fogli di carta assorbente).
Preparare i pannelli è stato lungo, ma tutto sommato divertente; un po' meno divertiti erano gli altri familiari, gatti compresi, che si sono trovati interdetto l'accesso libero al bagno, unico posto della casa in cui chiudere i suddetti ad asciugare senza il pericolo di incorrere in qualche unghia vagante (per essere ottimisti).
E così, mentre scavalcavamo agilmente i sanitari per giungere all'agognata destinazione, con la stampante accesa che sfornava fogli dalla squadratura incerta, senza rendermene conto, piano piano è arrivato il momento di caricare tutto e partire.
Il treno per Alessandria, l'unico regionale piazzato ad un orario utile, parte alle 8.16 da Genova Brignole; il che per me vuol dire alzarsi alle 6.00 (sono lenta ad ingranare al mattino), uscire alle 7.00 e sperare che Dio me lo mandi buono (l'autobus).

Piccola digressione, per i foresti: a Genova gli autobus sono una specie in via d'estinzione. Ogni tanto se ne vede un esemplare solitario che pascola in cerca del branco in zona centro o si dirige verso la periferia nel tentativo di incontrare una zona fertile per la riproduzione (cosa che, ahimè, porta a risultati inquietanti e per niente duraturi, come una occasionale sfornata di autobus di nuova generazione, con le maniglie a due metri di altezza, i sedili posti a tre piani dal pavimento - modelli per questo molto amati e, devo dire, adatti, soprattutto, per gli anziani, vera forza motrice della società genovese - un pannello con piccole spie utilissime, che avvisano il conducente se è: in anticipo, in orario, in lieve ritardo, in abbastanza ritardo, in ritardo poco scusabile, decisamente in ritardo, pesantemente in ritardo, in ritardo oltre l'inverosimile); ma sono per lo più avvistamenti fortuiti e rari - onde la necessità, per i pedoni, di muoversi in branchi riottosi e compatti, assiepati uno sull'altro alle fermate, armati di bolas e lance, nascosti dietro colonne e pali della luce, in attesa che si palesi la preda da assaltare con velocità e inusitata ferocia. Il combattimento è di solito breve e finisce con l'abbattimento dell'animale, che spesso tira le cuoia a metà corsa (e il ciclo ricomincia daccapo).
Fine della digressione.

Mi appropinquo quindi alla fermata di buonora, con lo zaino, la cartellina, il trolley - su cui ho caricato i dieci pannelli verniciati, che si sverniciano solo a guardarli.
Ho fulminato con lo sguardo chiunque sull'autobus si avvicinasse a più di un metro, ma devo dire che la strategia ha funzionato solo per poco tempo; fortunatamente, quando la situazione si faceva critica (borsetta strusciosa a sinistra, minaccia di borsone a destra, collisione di bambini urlanti a fronte), sono arrivata a Brignole e sono scesa.
Lì il numero della compagnia da uno è diventato due e abbiamo preso il treno, che con leggero ritardo ci ha portati sani e salvi ad Alessandria.
Avevo la coscienza tranquilla: la sera prima avevo caricato il cellulare (un reperto dell'anteguerra concesso in usufrutto che utilizzo solo per i viaggi lunghi e per le emergenze) e la macchina fotografica; incredibilmente mi ero ricordata di metterli nello zaino entrambi. Perciò rimasi costernata quando constatai che la mia piccola automatica non ne voleva sapere di accendersi.
Con questo potevo dire addio al "servizio fotografico" che avevo in mente.
Un po' delusi saliamo in corriera e ci risolleviamo il morale, perché l'autista è davvero una persona squisita che non solo ci aiuta a caricare i pannelli, ma si premura anche di trovare loro una sistemazione comoda e sicura per il viaggio; che si rivela a sua volta piacevolissimo, con le chiacchiere minute dei residenti, il panorama sulla campagna aperta e i piccoli agglomerati di case del territorio Acquese.
Arriviamo a Sezzadio attorno a mezzogiorno: ritiriamo le chiavi dello scantinato, fa già così caldo che immergerci in quella stanza fresca e leggermente umida ci sembra un sogno, portiamo dentro il bagaglio, usciamo per acquistare qualcosa da mettere sotto i denti e ci fermiamo a mangiare sulle altalene, all'ombra degli alberi del giardinetto a fianco.
Finalmente, passata neanche una mezz'oretta, ci mettiamo al lavoro.
Scopriamo subito che i pannelli di polistirolo, con l'ultima mano di vernice che ho dato sui bordi del lato lungo, si sono incollati tra loro. Con calma e delicatamente (estremamente delicatamente) li separiamo; purtroppo in molti punti qualche pezzetto del retro (bianco) si è fuso con la parte davanti (nera). Non c'è alternativa: devo riparare la vernice.
Problema: non c'è un rubinetto, un lavandino, un bagno.
Usando l'acqua minerale della bottiglietta comprata al bar dietro l'angolo, diluisco un po' il colore e lo passo sui pannelli. Li mettiamo ad asciugare fuori (con il caldo che fa dovrebbero impiegare un attimo), ma scopriamo subito che non è una grande idea: i veicoli di passaggio creano della corrente che li fa letteralmente volare via; l'arrivo poi di un pallone giallo, che si intrufola rimbalzando sui gradini fino al pavimento, ci fa desistere del tutto. Aspettiamo pazienti chiudendo la porta, mentre ci giungono, attraverso la finestrella aperta posta poco più in alto, le grida divertite dei ragazzini che giocano a calcio.
Nel frattempo, troviamo un modo per salvare il rullo, tagliando la parte superiore della summenzionata bottiglia e immergendolo in acqua, schiacciato a fondo dal cucchiaino di plastica che usavo per mescolare la tinta. Gli facciamo poi un cappottino di nastro adesivo e carta assorbente, con la speranza che tenga fino a casa.
E' l'una e mezza circa quando, vernice asciutta, taglio via dalle stampe la carta in eccesso e le dispongo sul polistirolo per simulare la disposizione delle tavole; arrivano quindi le due e tutto è ben disposto: abbiamo deciso sia l'impaginazione che la sistemazione dei pannelli all'interno della stanza (e ci siamo accorti che, sfruttando i chiodi già infissi nelle colonne, non sarà necessario usare altro spazio - evitando quindi di utilizzare le due grandi lastre nere di materiale compatto, e quindi di difficile impiego, lasciate a disposizione degli artisti).
Le uniche cose che mancano sono gli angolini da applicare ai fogli e le attaccaglie.
Ci mettiamo subito al lavoro e scopriamo con sommo orrore che:
A) il numero di angolini riportato sulla confezione è inferiore al numero effettivo di angoli che abbiamo da inguainare
B) gli angolini adesivi non aderiscono affatto
Se il punto A ci getta nel panico, il punto B invece non ci scoraggia: dopotutto abbiamo la colla!
Tanto per essere tranquilli, prima di utilizzarla facciamo delle prove sul retro del polistirolo per vedere se funziona. All'inizio ci illudiamo (e in parte è vero) che, vista l'umidità del locale, la colla stia impiegando un tempo infinito per asciugarsi, ma che, tutto sommato, faccia presa.
Iniziamo allora a mettere un puntino di colla sotto gli angolini, operazione invero ingrata e oltremodo lenta. Ma niente paura: smettiamo praticamente subito allorché ci accorgiamo che gli angoli dei fogli trattati a questa maniera, invece di aderire alla superficie con maggior tenacia, si arricciano caparbi verso il soffitto - e non c'è verso di fargli cambiare idea.
Se a questo si somma che, pur se agli altri fogli un po' di aderenza venga garantita, appena poniamo i pannelli in verticale, vuoi perché la carta che ho scelto (e volontariamente, facendo un ragionamento, ovviamente sbagliato, a favore del poco peso, che mi pareva un pregio da opporre alla forza di gravità) è troppo leggera, vuoi perché il locale è umido e le stampe hanno inziato ad ondularsi, le tavole si sfilano cadendo inesorabilmente a terra (centrando ovviamente l'unica pozza d'acqua d'infiltrazione umida che si è formata sul pavimento, sotto le summenzionate gigantesche lastre nere, e infradiciandosi) si può capire come a questo punto mi abbia colto una leggera disperazione, stemperata solo dalla scoperta illuminante di come - e qua spezzo una lancia a favore, mio malgrado, delle cartucce originali - l'inchiostro utilizzato fosse indelebile.
Perché, mentre aspetto con angoscia di vederlo spandersi a macchia sul foglio bagnato, dopo un minuto circa realizzo che ciò non si verificherà e tiro un sospiro di sollievo; adagiato lo sfortunato ad asciugare in una pozza di luce, l'unico segno tangibile della sua disavventura sarà una leggera increspatura sul bordo, appena percettibile.
E intanto che lui si abbronza, noi ci lambicchiamo il cervello su come convincere questi benedetti fogli a stare in piedi per una settimana.
A parte la dialettica, lì per lì non ci viene in mente nulla.
Discutiamo sull'opportunità che uno di noi due vada ad Alessandria a cercare una cartoleria per comprare un'altra confezione di angolini, disperando che ce ne fosse una in paese - e soprattutto fornita.
E tuttavia, anche ponendo il caso in cui trovassimo l'articolo che ci serve, come dimostrato dalla sperimentazione il problema non si risolverebbe.
E' a questo punto che pensiamo alle puntine.
Sono poco eleganti e mi hanno detto che sul polistirolo tendono a sfilarsi, ma quale altra opzione ci resta? Venendo alla mostra abbiamo notato, quasi di fronte all'entrata dello scantinato, un tabacchino. Senza por tempo in mezzo (ma ormai sono già le quattro, che tra prove di colla, angolini e messa in piega due ore sono belle che filate), chiediamo una scatoletta di puntine.
Anzi, due sarebbero meglio. Facciamo tre. Ok, quattro e non se ne parli più. A proposito, avete mica anche una scatola di angolini adesivi per fotografie? Sì? Fantastico! Che marca è? Perché quelli che abbiamo noi non si appicci... oh, è proprio la stessa. Ma guarda. Sì, sì, fa lo stesso: prendiamo anche quella.
E torniamo al fresco e via, ad attaccare il resto degli angolini e puntine a più non posso. Che non sono bastate: abbiamo dovuto comprarne altre e, meno male, Dio grazie, che ne avevano un sacco, in quel tabacchino (che è diventato il mio preferito), e tutte bianche!
Dopo alcune prove di resistenza (leggi: sbatacchiamento di pannelli su tavolo), ci convinciamo che è arrivato il momento di posizionare le attaccaglie e finalmente appendere il tutto.
E qua si ripete l'orrore, perché anche la colla di queste ultime non aderisce alla vernice; ma per fortuna sul retro ce n'è poca, giusto quella un po' colata dai bordi, e riusciamo agevolmente a piazzare i triangoli e, successivamente, ad issare i pannelli alle colonne.
Facciamo alcune foto con il cellulare, diciamo una preghierina affinché l'allestimento duri, chiudiamo il locale e ce ne veniamo a prendere la corriera. Tra una cosa e l'altra sono arrivate le sei e mezza e l'ultima corsa per Alessandria parte alle sette e un quarto. Abbiamo fatto giusto in tempo. Ci sediamo e ci rilassiamo su una panchina. Con calma serafica (ma la coscienza in tumulto) torniamo a Genova.
Ed è da quel giovedì che attendo con ansia la telefonata che mi dirà che tutto è piombato a terra. Siamo a martedì e ancora non è successo...

2 commenti:

  1. Ah, ah, mi spiace per la disavventura, ma mi piace troppo come scrivi, sei davvero brava. Grazie quindi di avermi divertito nell'ennesima trista giornata che passo fino a tardi in ufficio perchè... qui ho l'aria condizionata, mentre a casa si muore!!! :D

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  2. Ha ha ha! L'aria condizinata come incentivo estivo allo straordinario! Dovresti brevettare l'idea! XD

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